sabato 3 settembre 2022

House of Dragons: la recensione (spoiler free) del pilot


Le aspettative erano alle stelle. Sono state deluse? In parte. Vi spiego perché, come sempre senza spoiler.

L’atmosfera in perfetto stile Game of Thrones c’è. E su quello non si discute.

Ma se qualcuno, qui, ricorda il pilot di GoT, ricorderà sicuramente anche che il primo impatto con il mondo fantasy creato da George R.R. Martin era stato volutamente molto più forte, emotivamente parlando.

Estranei, massacri, misteri. Subito.

House of Dragons parte dal presupposto che chi lo guarda sia già “carico” del bagaglio emozionale, culturale, storico e magico di GoT. 

E noi lo siamo, ma non per questo l’approccio è stato quello giusto.

La Casa dei Draghi, voglio dire. La Casa più celebrata, maledetta, ammantata di mistero di tutto l’universo straordinario di GoT.

Ci voleva ben altro, per immergerci subito lo spettatore.

I riferimenti alla storia che conosciamo, che arrivano solo come segreti confidati, sono intriganti, ma non sufficienti.

C’è molto “modo” in questo episodio pilota. Poco Targaryen - su questo, in caso ve lo chiedeste, io sono nettamente team Daemon - e molto, troppo “modo” a corte.

Ci si occupa di frivolezze che quasi due secoli prima di Daenerys, come ci viene raccontato all’inizio, francamente sembrano un po’ anacronistiche.

La nomea dei Targaryen mi faceva pensare a un mondo molto, molto più crudo. Più violento. Più medievale, da un certo punto di vista (e la giostra potevano risparmiarsela. Almeno per la serie, ci si poteva inventare qualche altro tipo di duello, più adatto al contesto. Questa a mio avviso è una grave mancanza, dal punto d vista della sceneggiatura).

Senza girarci intorno: se non siete fan sfegatati di questo universo narrativo, difficilmente verrete catturati dal pilot di House of Dragons. Perché, a quanto pare, non è stato scritto per catturare il pubblico

Probabilmente hanno pensato bene di dare ai fan ciò che si aspettavano, senza preoccuparsi del resto della platea. Si sono adagiati sugli allori, e si vede.

Ciò premesso, spiegando la parte di delusione delle aspettative, che come avrete intuito è piuttosto ampia, c’è anche un po’ di magia.

Ci sono i draghi. 

C’è il sangue che ci aspettavamo.

C’è la maledizione che noi sappiamo pronta a incombere, il Lungo Inverno. L’inverno eterno, con tutto ciò che si porta dietro.

Ma soprattutto c’è il fuoco.

L’elemento che più mi ha appassionata di tutta la saga, e che ho avuto la fortuna di approfondire nel mio libro su Il trono di spade per Sperling&Kupfer, è il simbolismo.

Ogni singolo elemento narrativo è intriso di simbolismo.

E il fuoco, lo sappiamo bene, si associa da sempre a Casa Targaryen e ai suoi draghi.

Se non avete avuto modo di notarlo alla prima visione, provate a rivedere l’episodio pilota: il fuoco delle candele, dei lampadari, delle torce presente in ogni scena ha il compito di illuminare la scena per i personaggi che la vivono e di catturare subito l’attenzione per gli spettatori.

Ogni fiamma brilla in un buio esagerato, con una fotografia orientata a un nero spezzato dalla luce del fuoco, ma NON - e qui sta la genialità - dalla luce che il fuoco proietta intorno a sé, bensì dalla sua forza, dai suoi colori, dal suo potenziale distruttivo.

Il mondo brucia, quando sul trono di spade siedono i Targaryen.

Come bruciano i lampadari sulla testa di Viserys, le torce che anticipano le scorribande violente per la città, le candele che preannunciano tragiche sorti per i personaggi.

Tutto ruota attorno al fuoco.

Questa è la Casa dei Draghi, ma è anche il regno del fuoco. Visivamente contrapposto al freddo dell’inverno in arrivo, la luce della vita contro il ghiaccio della morte. E scommetto che, un episodio dopo l’altro, avremo modo di scoprire quanto lontano tutto questo potrà portarci.

Bisogna avere un po’ di fede. Perché, se dovessimo giudicare tutto da questo primo episodio, il giudizio sarebbe assai deludente…